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Danti. Il periodo espulsivo e... dintorni

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Gli operatori che lavorano in Sala Parto, dalla loro formazione e dall’esperienza, apprendono che il momento più delicato di tutto l’evento “nascita” è quasi sempre la parte finale, il cosiddetto “periodo espulsivo”. Si chiama così da sempre, ma il significato semantico reale è assai più variegato e circostanziato: non si tratta semplicemente di “espellere” il feto, bensì di affrontare per un tempo variabile molti eventi complessi, sia legati alla non facile meccanica del parto, sia correlati agli straordinari eventi relazionali ed emozionali che la nascita comporta. Molti sono gli attori in questo scenario. L’attore principale è il feto che deve nascere. Il passaggio attraverso il canale del parto si accompagna ad una sostanziale attivazione dell’asse simpatico-adrenergico, situazione definita da alcuni Autori “stress del travaglio”, necessaria per il benessere del nascituro. Ma il feto è anche impegnato da ore ad adattarsi all’attività contrattile del periodo dilatante: non dimentichiamoci che ogni contrazione rappresenta un evento relativamente impegnativo per il feto, perché presuppone una riduzione dell’ossigenazione, tanto maggiore quanto più dura la contrazione stessa, e che necessita di un tempo adeguato (almeno 2-3 minuti) perché si ritorni alla situazione di PaO2 precedente. Un feto sano, a termine, con una placenta normofunzionante, ha tutte le competenze biologiche per affrontare molto bene la relativa e temporanea ipossia legata agli eventi contrattili. Peraltro, senza un tempo di recupero sufficientemente lungo, a causa della tachisistolia, sia spontanea (6%), sia iatrogena (perché legata all’utilizzo spesso non corretto dell’ossitocina), il feto può andare incontro a una situazione di ipossia relativa sub acuta e alla potenzialmente pericolosa evoluzione emogasanalitica conseguente. Al termine del periodo dilatante il feto deve ancora affrontare la fase finale del travaglio, caratterizzata da contrazioni più forti e più lunghe, e spesso per tempi relativamente prolungati (alcune ore). Pertanto ha ancora più necessità del supporto e dell’energia della madre e di operatori non interventisti a sproposito, ma rispettosi della fisiologia.
La madre: il periodo dilatante, anche quando ha una durata normale, presuppone per la gravida ore di tolleranza del dolore intermittente legato al travaglio: anche nelle situazioni più favorevoli è necessario un impegno non da poco, perfino per le madri più motivate. Non è solo l’impegno per tollerare il dolore: si tratta anche di gestire dal punto di vista emozionale un evento molto complesso. Il parto è una “relazione” che necessita di un continuo e importante supporto da parte dell’ostetrica che sostiene la donna in questa straordinaria e gioiosa esperienza. È necessario un ambiente in cui la futura mamma si senta libera di esprimere le proprie sensazioni e paure, per vivere al meglio questo viaggio insieme al proprio partner o alla persona che la accompagna in uno scambio continuo di emozioni, paura ma anche gioia, soddisfazione e crescita personale. Non sempre questa prima fase del travaglio risulta facile. L’ansia, un ambiente non rispettoso della fisiologia, un supporto inadeguato, interventi medici inopportuni, medicalizzazione eccessiva, modificano i tempi del travaglio, ma soprattutto il modo di viverlo da parte della donna. È quindi fondamentale sostenere e motivare nel modo migliore possibile la madre che arriva al periodo espulsivo, perché possa affrontare al meglio sia dal punto di vista fisico che emotivo l’ultima “tappa”, che la porterà a tenere finalmente fra le braccia il suo bimbo. L’ostetrica e il medico sono gli altri attori dello scenario: seguire per ore una donna in travaglio può essere per l’ostetrica molto impegnativo, soprattutto dal punto di vista relazionale ed emozionale. Pazienza e calma dovrebbero essere una regola per tutti gli operatori della sala parto. Ma la fisiologia può evolvere in patologia, una situazione di normalità può divenire un’emergenza. E proprio di fronte alle criticità spesso gli operatori incontrano le difficoltà maggiori, sia dal punto di vista decisionale che comunicativo. Quando la donna arriva a dilatazione completa la conclusione dell’evento nascita sembra vicina e talvolta nelle nostre sale parto gli operatori tendono ad accelerare i tempi. Non si rispetta la corretta evoluzione fisiologica degli eventi e frequentemente si interviene in maniera inopportuna con farmaci e/o manovre non necessari e potenzialmente dannosi, aumentando i rischi sia per la madre che per il bambino. Questo è lo scenario del periodo espulsivo e questi sono gli attori, tutti più o meno impegnati e coinvolti fisicamente e psicologicamente. Ecco perché il secondo stadio del travaglio è il periodo in cui è ancora più necessario mettere a fuoco i comportamenti più appropriati, rispettare i tempi corretti per la donna e per il feto, evitando le scelte sbagliate. Non si può prescindere dalla conoscenza e dal rispetto corretto dei tempi, dal garantire libertà di espressione e di movimento alla donna e dall’utilizzo delle giuste posture materne per facilitare l’impegno e l’adeguata discesa del feto nel canale del parto. Invece spesso la madre in periodo espulsivo è tenuta supina. La posizione litotomica riduce fino al 40-45% la pressione di perfusione a livello dello spazio intervilloso e di conseguenza toglie ossigeno al feto proprio quando ne ha più bisogno. Pur nel rispetto dei tempi e delle posture adeguate, non si può prescindere anche dal supporto continuo alla gravida e dalla necessità di creare una buona empatia. Una corretta dinamica relazionale è indispensabile per aiutare la donna a ben tollerare non solo il dolore, ma anche tutte le paure consce e inconsce che la gravida in travaglio posta spesso con sé. Cercheremo di passare in rassegna in maniera cronologica le tante regole che bisogna rispettare, indicando i comportamenti utili e stigmatizzando quelli da evitare. È drammaticamente importante, quando si fa una scelta operativa, sapere perché lo si fa, quali sono le motivazioni culturali e le conseguenze attese. Non è la fretta che deve guidare le decisioni cliniche e i comportamenti relazionali, ma la corretta comprensione della fisiologia e della patologia, quest’ultima purtroppo più frequente in periodo espulsivo che non in periodo dilatante. Un esempio per tutti: la bradicardia fetale grave è attesa in periodo espulsivo con una frequenza 10 volte maggiore che in periodo dilatante (4-5 casi ogni 100 parti, anche nelle situazioni di assoluta fisiologia precedente). Poiché la bradicardia grave deve essere affrontata sempre rispettando la regola dei 3 minuti, è indispensabile che gli operatori riconoscano con tempestività le anomalie più severe e che abbiano un’organizzazione adeguata a far nascere il feto il più rapidamente possibile dall’inizio della bradicardia stessa: più passa il tempo più aumentano in modo esponenziale tutti i rischi fetali. È quindi mandatoria la tempestività nel riconoscere la grave patologia cardiotocografica, ma tempestive ed adeguate devono essere anche le scelte cliniche di intervento. Oltre alla corretta gestione delle gravi anomalie cardiotocografiche, molte altre sono le difficoltà che si possono incontrare: la decisione per esempio di ricorrere ad un parto operativo deve presupporre che l’operatore sappia scegliere il momento più opportuno e sappia gestire correttamente la procedura. Ecco perché sono così importanti tutti i corsi che insegnano la gestione dell’emergenza e le simulazioni fatte con i manichini: il Clinico deve conoscere bene la teoria e nel nostro libro si cercherà di riproporre nel modo più aggiornato possibile le indicazioni della Letteratura. Peraltro nella corretta gestione dell’emergenza, che comunque rimane per fortuna rara, non basta la teoria ma è necessario migliorare le proprie skills attraverso esercitazioni pratiche con simulatori e questo è il motivo per cui il Gruppo GEO ormai da parecchi anni organizza corsi in cui le simulazioni relative alle differenti emergenze coinvolgono a turno tutti i partecipanti. L’organizzazione di sessioni teoricopratiche si è dimostrata efficace per una più corretta e tempestiva gestione delle emergenze cardiotocografiche, per la scelta del parto operativo, per la gestione della distocia di spalla o dell’emorragia post partum. Nel nostro libro vogliamo però affrontare anche altri argomenti, tra cui la modalità di clampaggio del funicolo. La Letteratura recente infatti ha dimostrato come la scelta del clampaggio tardivo abbia per il neonato dei vantaggi significativi, senza peraltro impedire il corretto controllo dell’equilibrio acido-base alla nascita. A questo proposito nel capitolo relativo si sottolineerà l’importanza di avere alla nascita il controllo emogasanalitico almeno dall’arteria ombelicale ma, nei casi critici, anche dalla vena, poiché i dati relativi a questi esami sono estremamente importanti ai fini dell’epicrisi e dal punto di vista medico legale. Purtroppo non tutti gli eventi avversi si possono evitare, ma un pH arterioso altamente patologico, se controbilanciato da un pH venoso ancora nella norma, sta ad indicare in modo inoppugnabile che i tempi della nascita sono stati corretti, che non si è perso tempo e che non ci sono responsabilità da parte degli Operatori. I tempi del travaglio sono cambiati anche per la diffusione sempre più ampia della partoanalgesia e di questo si stanno rendendo conto tutte le principali Società Scientifiche. È bene fare il punto su quali siano gli effetti dell’analgesia sui tempi del travaglio, sulla dinamica uterina, sulla posizione del feto. Conoscere questi effetti significa sapere come vadano gestiti, in un rapporto di collaborazione continua tra anestesista, ostetrica e ginecologo, governato da conoscenze e obiettivi comuni, seppure con competenze diverse. Il lavoro d’équipe rappresenta un presupposto straordinariamente importante, soprattutto per evitare scelte cliniche inopportune. Infine nell’ultimo capitolo si affrontano le problematiche legate alla prevenzione dei possibili danni perineali (OASIS: Obstetrical Anal Sphincter Injuries). Periodi espulsivi troppo prolungati, con i conseguenti interventi ostetrici che spesso ne derivano, o altrettanto traumatici perché troppo rapidi, devono presupporre la conoscenza e messa in pratica di metodiche adeguate a ridurre i potenziali danni perineali, sia anatomici che funzionali. L’esperienza unita alla conoscenza della letteratura più recente servirà ad identificare se ci sono possibili metodiche preventive. Alla fine di questo excursus crediamo che le ragioni per scrivere un libro sul periodo espulsivo e su quanto è necessario fare anche subito dopo la nascita siano veramente molte. Nei vari capitoli cercheremo di dare tutte le motivazioni alle scelte cliniche più corrette, citeremo le indicazioni date dalla letteratura relativa più recente e uniremo esperienza e cultura per identificare i possibili errori e mettere in guardia i Lettor i dai rischi correlati. L’augurio che ci facciamo è che questo libro possa essere utile a tutti gli operatori coinvolti nel meraviglioso viaggio che è la nascita di un bambino, per comprendere quando e se sia necessario intervenire e quando invece solo osservare. Lo scopo dichiarato è di migliorare la propria operatività in sala parto e, soprattutto, di essere di aiuto per le madri che si affidano alla nostra competenza. Quando entriamo in sala parto, il nostro comune obiettivo è quello di assistere le donne nel loro percorso, per far nascere nel modo migliore possibile i loro bambini e per ridurre al minimo i rischi. Nascere e far nascere è un evento straordinario ed è l’esperienza forse più importante nella vita di una donna. A noi Operatori il compito di rendere questi eventi indimenticabili tutte le volte che si può e di contribuire nel modo migliore possibile alla gioia che ogni nascita comporta. LUANA DANTI e tutti i Colleghi Autori di questo testo

Scheda dati

Lingua
Italiano
Autore
Luana Danti
Casa Editrice
Piccin
Anno pubblicazione
2018
Mese di Pubblicazione
Maggio
Edizione
1
Volumi
1
Pagine
308
ISBN
9788829928194
Rilegatura
Copertina rigida

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